Donne al potere: le otto imperatrici del Giappone

Secondo la Casa Imperiale, solo un uomo può diventare imperatore. Ma storicamente, non è sempre stato così.

di Hachi194

Non è un mistero che il Giappone sia un paese tendenzialmente maschilista, in cui il patriarcato ha un forte peso in molti ambiti. Uno di questi è la Casa Imperiale: da molto si discute della possibilità di far accedere al trono anche le donne, cambiando la legge che afferma chiaramente che "il trono imperiale del Giappone è riservato ai discendenti maschi legittimi della linea maschile degli antenati imperiali ".
 

C'è però un grosso problema che si protae ormai da diversi anni: nella famiglia imperiale ci sono sempre meno maschi. Infatti quando una donna della famiglia imperiale si sposa con un comune cittadino (e negli ultimi tempi è avvenuto sempre più spesso) deve uscire dalla casata e diventa anche lei una persona "normale" perdendo ogni privilegio e ogni diritto di dare un erede maschio alla linea di successione al trono.
Per questo già nel 2004, dopo quattro decenni senza la nascita di un figlio maschio nella famiglia imperiale, l'allora primo ministro Koizumi Jun'ichirô aveva creato un consiglio consultivo sulla Casa Imperiale e sulle questioni relative alla successione. Il rapporto finale della commissione, pubblicato l'anno successivo, raccomandava di dare ai familiari di sesso femminile e ai loro discendenti matrilineari l'opportunità di accedere al Trono del Crisantemo.
 

Tuttavia, prima che i legislatori potessero agire, nel 2006 fu annunciato che la principessa Kiko era incinta. Il principe Hisahito nacque nel settembre di quell'anno. Le raccomandazioni del gruppo furono quindi accantonate. Con l'arrivo di Abe Shinzô alla carica di Primo Ministro, ferventemente contrario ad ogni riforma, il progetto cadde definitavamente nell'oblio.
Anni dopo però, la questione è riemersa perché ci si è resi conto che il problema persiste e si sta aggravando.
La legge speciale emanata nel 2017 per consentire l'abdicazione dell'imperatore Akihito (il padre dell'attuale sovrano) invitava anche il governo a discutere su come garantire una successione stabile per il futuro. Seguendo la legge attualmente in vigore infatti, solo tre uomini sono al momento eleggibili come successori dell'imperatore Naruhito: il principe ereditario Fumihito (che è suo fratello minore), il principe Hisahito (suo nipote), che ora ha 13 anni, e il principe Masahito (suo zio), che ha 84 anni.
 

Secondo il sistema in vigore, quando il principe Hisahito diventerà imperatore, se non avrà figli, non esisterà nessun erede a rivendicare il trono. Per evitare questa situazione, il governo aveva deciso di iniziare a discutere sulla questione della successione dopo la cerimonia di investitura del principe ereditario Fumihito, che avrebbe dovuto svolgersi il 19 aprile. Tuttavia, a causa della pandemia l'evento è stato rinviato e con esso le eventuali discussioni.
Da molto però si parla di aprire alle donne la possibilità di salire al trono, anche perché il doppio requisito per gli imperatori di essere "discendenti maschi legittimi e della linea maschile degli antenati imperiali" non è sempre stato applicato.

Su 126 imperatori ufficiali, la storia del Giappone ha visto salire al trono ben otto donne, due delle quali sono state investite del titolo due volte con nomi imperiali diversi. Ci sono prove storiche inoltre che queste donne imperatrici abbiano governato veramente l'arcipelago e non fossero solo mere figure simboliche. Tutte poi sono anche discendenti di imperatori della "linea maschile degli antenati imperiali".

Imperatrice Suiko (592–628)
 

Figlia dell'imperatore Kinmei, salì al trono dopo l'assassinio del suo predecessore, l'imperatore Sushun, da parte di un membro del clan Soga. In assenza di un accordo immediato sul successore, fu scelta perché vista come segno di stabilità politica.
Fu la prima donna a salire sul trono del crisantemo. Il suo regno fu caratterizzato da grandi avvenimenti in campo sociale, culturale e religioso, inaugurando uno fra i più fiorenti periodi della storia giapponese. Descritta come una donna di rara bellezza, il suo titolo fu "grande regina che governa tutto quanto sta sotto il cielo" e anche "grande regina di Yamato". Fu ripresa la strada delle riforme cominciate durante il regno del suo predecessore e furono raggiunti grandi traguardi. L'amministrazione statale venne rifondata, il buddhismo divenne religione di corte, ebbero un grande sviluppo le arti e gli studi e furono istituite le prime missioni diplomatiche del Giappone in Cina.

Imperatrice Kôgyoku (642-645) / Imperatrice Saimei (655-661)
 

Anche in questo caso la sua ascensione al trono fu dovuta alla mancanza di accordo sulla successione dopo la morte del marito, l'imperatore Jomei. In accordo con il desiderio del clan Soga, la pronipote dell'imperatore Bidatsu salì al trono e prese il nome di Kôgyoku. Dopo pochi anni abdicherà e cederà il potere al fratello minore Kôtoku. Tuttavia, in assenza di un possibile successore, salirà di nuovo al trono, all'età di 60 anni, questa volta sotto il nome di Saimei per "alleviare la tensione" creata durante gli anni di regno di suo fratello. Prima dell'inizio del suo regno aveva la reputazione di essere una Sciamana e come tale comunicava con le Divinità.

Imperatrice Jitô (686-697)
 

Figlia dell'Imperatore Tenji e moglie dell'Imperatore Tenmu, alla morte del marito per alcuni anni il trono rimase vacante perché sarebbe dovuto salire il figlio Kusakabe ma morì nel 689. L'erede era dunque il figlio di Kusakabe, il principe Karu, ancora bambino. Jitō decise di salire al trono e rimanerci, finché Karu non avesse raggiunto l'età regnante. Seguì le orme del marito e si impegnò per migliorare il sistema politico. Nel 697 quando Karu ebbe quindici anni, Jitō lo rese principe ereditario, poi gli cedette il trono e si dette il titolo di Daijō Tennō, "l'imperatrice precedente".

Imperatrice Genmei (707–715)
 

Sorellastra minore dell'imperatrice Jitô e figlia dell'imperatore Tenji, era anche la moglie del principe Kusakabe e madre dell'imperatore Monmu. Salì al trono come reggente perché anche in questo caso suo nipote (in seguito imperatore Shômu) non era ancora abbastanza grande per regnare al momento della morte di Monmu. Nel 710 trasferì la capitale del Giappone da Fujiwara-kyō a Heijō-kyō, l'odierna Nara. L'imperatrice regnò per otto anni. Alcuni studiosi conservatori sostengono che i regni delle donne fossero temporanei e che quindi la tradizione della successione esclusivamente maschile ha un senso ad essere mantenuta anche ai giorni nostri. L'imperatrice Genmei, seguita sul trono da sua figlia, rimane l'unica eccezione.

Imperatrice Genshô (715–724)
 

Fu l'unica donna imperatrice a succedere a un'altra donna imperatrice. Era la figlia dell'Imperatrice Genmei. Suo padre era il principe Kusakabe, figlio dell'imperatore Tenmu, quindi anche lei era di stirpe imperiale maschile. Quando l'imperatrice Genmei abdicò dopo nove anni di regno, salì al trono come reggente perché il futuro imperatore Shômu non era ancora abbastanza grande per assumere i suoi doveri di monarca. Sotto il suo regno fu terminato il Nihon Shoki, il primo libro di storia giapponese.

Imperatrice Kôken (749–758) / Shôtoku (764–770)
 

Figlia dell'Imperatore Shômu, che non ebbe figli maschi, nel 748 fu nominata principessa ereditaria, la prima donna in Giappone a ricevere questo titolo. Dopo l'incoronazione, prese il nome di Kôken. Nel 758 abdicò a favore di suo cugino che divenne l'imperatore Junnin. Il suo potere era però limitato e di fatto Kôken continuò a governare. Nel 761 Kōken si ammalò e fu curata da un monaco buddhista, Dokyo, che per questo si guadagnò i favori dell'imperatrice. Ciò venne mal visto da Junnin e creò tensioni alla corte e rivolte. Kôken alla fine costrinse Junnin ad abdicare e salì di nuovo al trono con il nome di Shōtoku. La donna avrebbe voluto abdicare a favore di Dokyo, ma la corte non tollerava che un comune cittadino privo di sangue imperiale salisse al trono. Iniziò così un periodo turbolento il cui risultato fu rendere il potere dei sovrani solo formale, avvantaggiando i capi dei clan di corte, tanto che nel 794 la capitale fu spostata a Heian, l'odierna Kyoto e fu istituito lo shogunato. Shōtoku morì di vaiolo nel 770, all'età di 52 anni.


Imperatrice Meishô (1629–1643)
 

Era la seconda figlia dell'imperatore Go-Mizunoo; essendo questi esasperato dall'essere ripetutamente trattato in modo perentorio dallo shogun e dai suoi funzionari, decise improvvisamente di abdicare al trono a favore della figlia di cinque anni, Meisho, continuando così ad esercitare la sua autorità dietro le quinte. Nonostante lo Shogun Iemitsu fosse il nonno dell'Imperatrice Meishô questa incoronazione lo indispettì molto perché non voleva che la sua autorità fosse presa in giro. Nel 1643 quando il fratellastro di Meishô, il principe Tsuguhito, fu abbastanza grande per diventare imperatore con il nome di Go-Kômyô a Meishô fu gentilmente chiesto di abdicare a suo favore. Gli anni del regno di Meishō corrispondono allo sviluppo e alla crescita dello shogunato Tokugawa sotto la guida di Tokugawa Iemitsu.

Imperatrice Go-Sakuramachi (1762-1770)
 

Figlia dell'Imperatore Sakuramachi, salì al trono dopo la morte dell'Imperatore Momozono. Prese il nome da suo padre aggiungendo la parola go- che vuol dire "successivo" o "secondo". Regnò come reggente perché il suo successore designato era ancora troppo giovane per diventare imperatore: aveva infatti solo 5 anni. Abdicherà quando quest'ultimo diventò abbastanza grande per salire al trono con il nome di Go-Momozono.

Fonte consultata:
Nippon

Versione originale della notizia